Nell’ambito della specifica sezione “Fare Verde”, rientrante nelle varie iniziative promosse dal Movimento delle Libertà, abbiamo sentito sui delicati aspetti del “riciclo e lo smaltimento dei rifiuti urbani”, la dott.ssa Veronica Vecchioni, avvocato e professore di diritto ambientale presso l’università di Nizza, nonché candidata al Parlamento del Movimento.

Considerato che l’argomento è davvero importante e d’attualità e riguarda una problematica che coinvolge tutti, abbiamo deciso di dividere la presente intervista in due parti.

Brevemente, la prima parte sarà dedicata ad un’analisi della situazione italiana relativamente alla questione dello smaltimento dei rifiuti, mentre la seconda si concentrerà su aspetti più prospettici e con un occhio attento ai ritardi causati dalla pandemia da Covid-19 e sulle iniziative future.

“In qualità di membro attivo del movimento e di professore universitario di diritto ambientale, desidero esprimere la mia personale opinione sulla materia della tutela e difesa dell’ambiente, aspetto che si riflette molto da vicino sui cittadini ed è particolarmente connesso con la nostra vita quotidiana. Tale aspetto attiene al “riciclo e lo smaltimento dei rifiuti urbani”.

Per fare un po’ di chiarezza, occorre preliminarmente precisare che il termine «riciclaggio» è volto ad indicare quel processo mediante il quale si mira al recupero di materiali di pre-consumo (es. scarti di lavorazione) e di post-consumo (scarti urbani frutto degli utilizzi connessi alla vita quotidiana), al fine di limitare da un lato, il quantitativo di rifiuti, nonché ottenere un significativo risparmio di materia e energia, e dall’altro, recuperare detti materiali mediante una loro reintroduzione nei cicli produttivi, ai fini della realizzazione di prodotti riciclati o di energia.

Carta, acciaio, alluminio, legno, vetro e plastica sono i principali materiali di uso quotidiano sui quali è concentrata l’attenzione dei centri di riciclo.

Tra gli scarti, frutto delle attività umane, non bisogna però dimenticare tutti quei materiali complessi e particolarmente pericolosi quali: gli scarti di fabbrica, i detriti provenienti dall’industria delle costruzioni, nonché i rifiuti tossici e/o radioattivi.

Sebbene la situazione Italiana relativamente alle problematiche ambientali e soprattutto alle modalità di riciclo possa sembrare, agli occhi di molti, particolarmente lenta e obsoleta, occorre fare un grandangolo a livello europeo per poter esprimere un giudizio razionale e consapevole, analizzando le tecniche e strategie applicate dai nostri vicini.

Infatti, contrariamente alle aspettative dei più scettici, secondo uno studio dell’EUROSTAT (l’Istituto di statistica europeo, ndr), già dal 2017, l’Italia rappresenta un fiore all’occhiello in materia di riciclaggio in Europa, e ciò, tanto per la percentuale di materiali riciclati, quanto per le modalità di raccolta dei rifiuti, con un tasso di prodotti riciclati pari al 77% nell’anno di riferimento. Occorre rilevare che trattasi di una cifra ben al di sopra della media europea che raggiunge, nel 2017, appena il 37% e che oggi si eleva al 47%.

L’Italia ha infatti superato di gran lunga la vicina Francia, la quale ricicla unicamente il 54% dei propri rifiuti, spesso ricorrendo a tecniche di esportazione poco ortodosse dei propri scarti in Paesi asiatici.

Nel 2018, in Italia, sono stati recuperati 10,7 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio, ossia circa l’81% del totale di quelli immessi al consumo.

Peraltro, bisogna evidenziare come il Bel Paese rappresenti il primo Stato Membro ad aver ideato un sistema di uniformazione e standardizzazione del sistema di raccolta, stabilendo una colorazione specifica per la ripartizione degli scarti su tutto il territorio nazionale: giallo per la plastica, blu per la carta, verde per i rifiuti organici, grigio per l’indifferenziata e turchese per il metallo. Quella che per i cittadini italiani potrebbe sembrare una dinamica scontata, nonché una fastidiosa incombenza per le famiglie, costituisce, invece, un motivo di vanto agli occhi dell’Unione Europea.

Ciò, tuttavia, non vale ad escludere come dietro tali virtuosismi italiani si celino, purtroppo, le ombre di secolari problematiche legate ai divari interni tra regioni. Sussistono, infatti, importanti disparità regionali in materia di riciclaggio e di raccolta differenziata, in particolare, relativamente al rispetto delle regole vigenti nelle diverse città e paesi italiani.

Dai sondaggi realizzati dall’ISPRA – Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambiente – emerge che le misure adottate in merito alla raccolta differenziata siano molto più efficaci nel settentrione: 64.2% dei rifiuti sono stati differenziati, nel 2016, nel nord Italia, contro il 48.6% del centro-Italia e il 37.6% del meridione. A livello regionale, il Veneto, insieme al Trentino-Alto-Adige e la Lombardia, occupano una posizione di supremazia rispetto al resto delle regioni italiane. Il caso della Sicilia è, invece, particolarmente allarmante, in quanto, la regione a statuto speciale, nel 2016, ha riciclato unicamente il 15.4% dei suoi rifiuti.

Non bisogna poi dimenticare che ancor oggi, l’Italia soffre di un importante deficit impiantistico, specialmente nelle regioni del Centro e del Sud. Secondo le stime, più di 433 mila tonnellate di rifiuti differenziati sono state esportate dall’Italia verso altre parti del mondo, tra cui 730 tonnellate di rifiuti a rischio. Il Paese avrebbe bisogno di investimenti per almeno 8 miliardi di euro per la realizzazione di nuovi impianti e al fine di aumentare la quantità e qualità del materiale differenziato.

Il Movimento delle Libertà rivolge particolare attenzione a questa problematica connessa al deficit di investimenti nel settore dello smaltimento di rifiuti, e si promuove portavoce di tale messaggio in seno alle Istituzioni e al livello sovranazionale”.