“Un piccolo popolo sovrano si sente in pericolo: cercavamo braccia, sono arrivati uomini. Non divorano il benessere. Anzi, al contrario, sono indispensabili al benessere stesso. Però sono qui. Lavoratori ospiti o lavoratori stranieri? lo preferisco la seconda definizione: non sono ospiti che vengono serviti per ricavarne del guadagno. Sono persone che lavorano, e che lavorano all’estero, perché nella loro patria al momento non avevano possibilità di campare. Non si può volergliene male. Parlano un’altra lingua, ma anche in questo caso non si può volergliene, soprattutto perché la lingua che parlano è una delle quattro lingue nazionali. Ma questo rende molte cose più complicate. Si lamentano di essere alloggiati in condizioni disumane, a prezzi folli, e non sono assolutamente entusiasti. Il che è inconsueto. Però si ha bisogno di loro” – Max Frisch, L’Invasione degli Stranieri

L’emigrazione italiana in Svizzera è intercorsa da due fasi, quella del dopo guerra in cui il settentrione, e quindi le regioni più vicine, inizia in massa a mobilitarsi verso il territorio svizzero che necessitava urgentemente di manodopera. Nella seconda fase, invece, fu la volta del meridione nel bel mezzo del miracolo economico degli anni ’60, che tuttavia toccava solo l’economia del nord e penalizzava quella del sud.

Nel 1963 in Svizzera tredici abitanti su cento sono stranieri. Così la Svizzera assistette ad una immigrazione di massa che, da una parte fu indispensabile per la ricostruzione del paese, dall’altra poneva il problema del cosiddetto inforestierimento (Überfremdung in tedesco). Infatti, nella politica della Confederazione iniziano a serpeggiare opinioni xenofobe nei confronti degli stranieri, soprattutto nella Svizzera tedesca.

Nel 1965 venne lanciata una proposta dal partito democratico del Canton Zurigo, “contro la penetrazione straniera”, che venne poi ritirata qualche anno dopo. La più importante è però l’iniziativa Schwarzenbach (dal nome del suo promotore principale) lanciata da Azione Nazionale nel 1969 per la limitazione a un massimo del 10% della popolazione straniera su quella totale della Confederazione. Numerose furono le polemiche e le discussioni a proposito di questa iniziativa, che venne infine bocciata da una votazione popolare nel 1970.

Nel testo che vi abbiamo proposto come intro, Max Frisch, un filosofo svizzero degli anni ’60, racconta nel suo libro “Cercavamo Braccia, Sono Arrivati Uomini” come gli italiani erano considerati come i “lavoratori stranieri” da una parte indispensabili, dall’altra troppi, stranieri e diversi.

Nella nostra ricerca di articoli di giornale stranieri che raccontassero il punto di vista della Svizzera di allora, un articolo ci ha particolarmente interessato sul quotidiano di Ginevra, l’influenza culturale e politica degli italiani emigranti è “una grave minaccia”:

“L’opinione pubblica e le autorità temevano che alcuni settori della popolazione potessero assimilare la mentalità degli immigrati che vivevano accanto a loro e di conseguenza non capire più il resto del paese. (…) La paura che un giorno questi gruppi stranieri possano rivoltarsi contro la popolazione locale ha dato vita a discussioni serie.”- Etienne Grandjean, Journal de Genève, Svizzera, 10 Settembre 1964

Il popolo svizzero sembra, quindi, da una parte timoroso di perdere la propria cultura, le proprie “particolarità etniche”, i costumi e l’ideologia politica che ha sempre contraddistinto la Svizzera dagli altri paesi europei. Dall’altra parte, tuttavia, c’è un popolo che ci ha accolto, non solo per bontà di accoglienza, non principalmente perlopiù, ma soprattutto perché si aveva bisogno di “braccia”.

Un’atmosfera di “tollerante nervosismo” che non era certo positiva per i lavoratori italiani presenti in Svizzera e per le loro famiglie. Le difficoltà erano da un lato di tipo materiale (soprattutto economiche), ma anche psicologiche. Gli emigrati, inseriti in una realtà ostile, e molto diversa da quella cui erano abituati (moderna e industrializzata) sentivano la nostalgia dell’Italia, della loro famiglia e delle loro tradizioni, e desideravano, nella maggior parte dei casi, fare ritorno al più presto.

Tuttavia, c’è chi è riuscito ad integrarsi e a superare le varie difficoltà che l’integrazione comporta. La famiglia Esteriore. Grazie al nostro referente per Basilea, Michele Ferrante, abbiamo avuto il piacere di conoscere il cantante italiano in Svizzera Piero Esteriore. Piero ha rappresentato la Svizzera all’EuroVision Song Contest 2004 con il brano Celebrate! In collaborazione con il talent show svizzero MusicStar. Più di 15 anni di successi, con 5 album posizionati nelle Top Hits svizzere. Piero è nato e cresciuto in Svizzera e rappresenta insieme ai suoi 4 fratelli la terza generazione di italiani emigrati nel paese. Quattro fratelli, quattro cuori, quattro voci, una passione: la musica. Piero (43), Mimmo (36), Gabriele (25) e Amedeo (23), figli di Mamma Rosa e Papà Toni, sono nati con musica, passione e talento. La musica era ed è il centro della vita di tutta la famiglia.

Per il più grande dei fratelli, Piero Esteriore, un grande desiderio si è avverato. Dopo la sua ventennale carriera da solista, Mimmo e i fratelli più giovani, Gabriele e Amedeo, sono ora pronti per il palco. I fratelli hanno lavorato al progetto “Esteriore Brothers” per ben cinque anni e sono già apparsi in vari programmi televisivi in ​​Svizzera e in Italia.

Adesso è appena uscito “TO GET HER”, il primo album degli Esteriore Brothers. Nell’album ci sono ballate emozionanti e festive fino a potenziali successi estivi orecchiabili – tutti in italiano e inglese. Durante il lockdown, è stata creata la prima canzone “Stand Together Now”, un invito degli Esteriore Brothers ad unirsi soprattutto nei momenti difficili come quello che stiamo vivendo. L’album, infatti, vuole trasmettere fiducia, gioia di vivere e solidarietà e allo stesso tempo incoraggiare la riflessione, l’immersione, il relax e il sogno.

Piero con i suoi fratelli, insieme al suo amico e collaboratore Michele Esteriore, rappresentano per noi un successo non solo per le loro carriere professionale, ma anche come esempio di inclusione e di orgoglio italiano all’estero. Noi abbiamo avuto il piacere di conoscere entrambi, potete trovare la nostra intervista video nella sezione “Mi Racconto”.